lunedì 16 gennaio 2012

ANCORA SULL'ESTREMA DESTRA



Con molto piacere colgo l'invito di Sid Barrett e torno nuovamente sull'argomento xenofobia/razzismo, per chiarire alcuni punti che non ho affrontato con la dovuta profondità in precedenza.
Quando si parla in questi termini, dicevo, finché non si sa dare una risposta esaustiva alla domanda “cui prodest?”, si rimane sempre nell'ambito dell'illazione. Sgombero subito il campo: si tratta di uno di quei casi.
Detto questo, mi sento di dover fare chiarezza su quanto da me scritto. Sid mi chiede quale interesse possa avere l'estrema destra ad esporsi così. La domanda, assolutamente logica, non tiene conto del fatto che la nostra destra extra-parlamentare non ragiona – e non ha mai ragionato – nei termini che noi considereremmo politicamente vantaggiosi. Qualche esempio può venirci incontro: dopo essere stato arrestato, Pierluigi Concutelli davanti alle telecamere si premurava di render noto a tutti che l'uccisione del giudice Occorsio non era stata una sua iniziativa personale, ma l'esecuzione di una sentenza emessa dall'organizzazione in cui militava, Ordine Nuovo. All'indomani della strage di Brescia, un (delirante) volantino di Ordine Nero, oltre ad inneggiare a Dachau, rivendicava quanto accaduto come un atto rivoluzionario compiuto dal gruppo. Una quantità innumerevole di atti di violenza (anche individuale) vide i responsabili fare vanto della propria appartenenza a questo o a quel gruppo. Si badi bene: se i casi di Concutelli o di Piazza della Loggia si verificarono quando la destra estrema non aveva nulla da perdere (all'indomani della messa fuori legge di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale), solo pochi mesi prima partiti di sinistra e una larga parte dell'opinione pubblica chiedeva lo scioglimento del MSI, accusato di attività violenta e sovversiva. E i vari Almirante, Caradonna, Ciccio Franco, Larussa e Saccucci non si sono mai strappati i capelli se in qualche comizio del partito volava qualche pallottola o addirittura qualche bomba SRCM. Non stiamo parlando di Ludwig o dei NAR; il MSI aveva fatto dell'ordine e dello stato di polizia la sua prerogativa. Nonostante questo, poteva permettersi di mettere il cappello sulle bombe molotov di Reggio Calabria nel 1970 senza correre il rischio di esporsi troppo. 
Come mai? Perché la destra italiana, più o meno radicale, è sempre stata una destra di apparato e non ha mai rappresentato una reale forza di opposizione. Nata, cresciuta e sviluppatasi nelle caserme e nelle questure, non è mai stata un elemento politico dotato di una propria fisionomia. Questo discorso vale tanto per il MSI (che si vantava di essere il partito della Nato), quanto per gli “antagonisti” posti alla sua destra. I vari Borghese, Rauti, Delle Chiaie, Freda, Signorelli - e relativi movimenti - erano allo stesso modo introdotti nelle sfere più alte della politica, dell'economia e degli apparati militfari, polizieschi e spionistici dello stato italiano. Rappresentavano un braccio armato, che semplificando un po' (ma neanche troppo) potremmo esprimere così: Delle Chiaie e Avanguardia Nazionale facevano riferimento a D'Amato e al Ministero degli Interni, mentre Rauti, Freda, Signorelli e in generale Ordine Nuovo avevano i propri referenti nell'esercito, nel SID e nell'arma dei Carabinieri. Borghese era il collante che teneva assieme la struttura: morto lui, nel 1974, finì la fase golpistico-stragista e cominciò quella “spontaneista”, quella dei NAR, per intenderci. Le linee di continuità tra il 1966-1974 e il periodo 1977-1980 sono tuttavia molto nette e passano attraverso alcuni personaggi come Tilgher (del quale ho scritto qualcosa), ma anche altri come Tuti o Concutelli. E se questo vale per quarant'anni fa, quando c'era un partito del peso del MSI, e i reduci della RSI, Almirante e Borghese erano ancora in vita, oggi – con tutto il rispetto per Fiore e Iannone – stiamo parlando delle briciole, di gruppuscoli estremamente esigui.  Abbiamo visto infatti come gli attuali capetti condividano un curriculum ben preciso, nonostante usino parole d'ordine basate sul rinnovamento e la rottura col passato. Non dimentichiamoci che gli stessi NAR e TP (da cui escono Fiore e Adinolfi) amavano presentarsi come dei ribelli, che si sentivano traditi dagli “spioni” della generazione precedente, con i quali tuttavia i legami erano strettissimi – basti pensare al ruolo di Signorelli o  alla coppia Fioravanti-Mambro, che hanno costruito il loro impianto difensivo sul fatto che nel giorno della strage si trovavano a Treviso, presso Digilio e gli altri stragisti delle cellule ordinoviste venete. Sorvoliamo su quanti, da Veltroni ad Alemanno, continuano a presentarli come vittime di un errore giudiziario.
Se quindi individuiamo il filo rosso che unisce le varie fasi, ci rendiamo conto che il turn-over dei personaggi è paragonabile a quello che faceva Mourino nell'anno del triplete: al di là delle innumerevoli sigle, chi, nell'estrema destra romana di oggi, può vantare una vera e propria autonomia da Delle Chiaie e dal suo braccio destro Merlino? Se facessimo un sondaggio, scopriremmo che forzanuovisti, casapoundisti e miliziani vari, in larga maggioranza, non si pongono il minimo scrupolo e lo ammettono candidamente.
Solo quando abbiamo ben chiaro che i gruppi e i personaggi di cui stiamo parlando rappresentano un semplice braccio armato, possiamo comprendere la mancanza, in loro, di ogni ragionamento politico rivolto al consenso. Rivendicare una strage, un omicidio o un semplice pestaggio (o per lo meno non prenderne decisamente le distanze) non rientra in nessuna logica politica di tipo classico. Quale vantaggio potrebbero mai arrecare alla causa del fascismo e alla sua volontà di rivincita ottanta morti in una stazione? 
Al ragazzino di diciassette anni si può facilmente raccontare qualsiasi storia, in certi contesti è facile dargli anche un'arma in mano. Oggi come ieri, a questo tipo di destra non servono milioni di elettori, ma bastano qualche centinaio di squadristi. Per conquistare questi bastano un po' di folklore, il Signore degli Anelli e la garanzia di poter pestare qualcuno: un programma che non potrà mai essere rivolto alla massa.
Da questo punto di vista la destra italiana ha sempre agito con grande disciplina, nonostante le “teste calde” ci siano sempre state. Qualche conventicola di iniziati realmente autonoma da tutti gli apparati sarà pure esistita, e magari esiste ancora, ma non ha la minima possibilità di crescere senza essere assorbita in questo meccanismo, e per lo stesso motivo ancor meno può operare senza essere preventivamente neutralizzata. Se le schegge impazzite erano controllabili all'epoca in cui piazza San Babila era una piccola Norimberga, oggi la loro possibilità di influire, qualora non venga loro espressamente concesso, è pari allo zero. Per questi motivi (mancanza di logica politica in senso classico, connotato da mera esecutrice di ordini superiori, intruppamento negli apparati e conseguente altissima capacità di controllo) non dobbiamo chiederci dove la nostra destra vuole andare a parare, quanto piuttosto: perché viene risvegliato il can che dorme?
Veniamo quindi al “cui prodest”. Il clima sociale è teso, verissimo, ma siamo lontanissimi dalla situazione di qualche decennio fa, quando non passava giorno senza attentati, stragi, aggressioni, agguati. Se gli apparati riuscirono allora a tirare a tal modo senza spezzarla, tutto fa pensare che al giorno d'oggi un'operazione analoga avrebbe ancora ampi margini di manovra.
Alzare il livello dello scontro sociale vuol dire cominciare una guerra, cosa che si fa solo quando si ha la certezza (o la presunzione) di vincerla. Detta in altri termini, possiamo scatenare il disordine solo se abbiamo i mezzi per restaurare l'ordine. Durante la strategia della tensione la creazione dello spauracchio (anarco-comunista dal 68 in poi, fascista dal 1974 al 1980) era sottoposta all'obiettivo primario, che era quello di stabilizzare il quadro politico. Questa era una linea guida, alla quale ci si doveva adeguare a seconda delle circostanze e degli imprevisti. Se Napolitano oggi è presidente della Repubblica e parla di vittoria dello stato contro il terrorismo vuol dire che l'operazione ha avuto successo. Quando però questa venne inaugurata, a metà anni Sessanta, non si potevano prevederne gli sviluppi politici e militari. Oggi, la velocità degli avvenimenti impone ancor più elasticità e capacità di adattamento e rende più difficile il successo di operazioni a lunga scadenza.
L'ultima volta che la destra radicale ha giocato da noi un ruolo di primo piano è stato appunto durante la strategia della tensione. Se da un lato la storia ci fornisce numerosi insegnamenti, dall'altro però non ci deve limitare. Le condizioni politiche, sociali e internazionali, tra gli anni Sessanta-Settanta e oggi sono mutate enormemente. Un possibile paragone può riguardare il Mediterraneo, che oggi come allora presenta instabilità, rivolte, colpi di stato. Dobbiamo però tenere conto dei nuovi protagonisti emersi sulla scena negli ultimi anni: mafia, 'ndrangheta e camorra hanno un potere fino a qualche anno fa inimmaginabile e non è un caso che sia più volte già emerso un legame tra queste e la destra estrema, vero e proprio pentolone da cui chiunque può facilmente attingere. La destra, a sua volta, ha avuto un cambiamento, benché solo di facciata, e ha conosciuto il fenomeno di radicamento negli stadi, che negli anni Settanta non esisteva. La guerra fredda è finita, la Cina sta emergendo, la Russia non è più quella di Breznev ma neanche quella di Eltsin. Non è quindi il caso di azzardare parallelismi troppo forzati.
Che la carta xenofoba rappresenti il nuovo attacco degli Stati Uniti all'Europa, l'ennesima guerra scatenata dallo stato italiano contro i suoi cittadini, una vendetta di Berlusconi, un nuovo investimento delle mafie, o tutto questo contemporaneamente, non lo so. E' il risveglio della destra estrema in sé che cattura la mia attenzione, indipendentemente dall'identità e dagli obiettivi di chi ha oggi le mani sull'interruttore (ammesso e non concesso che ci sia stato un avvicendamento tra i burattinai). Il mio intervento va letto come un invito a tenere alta l'attenzione, perché negli ultimi sessant'anni la nostra destra non è mai stata altro che la cartina di tornasole dalla quale leggere dinamiche - nazionali e internazionali - ben più ampie. Se gli episodi di Firenze e Torino (ai quali nel frattempo si è aggiunto quello di Roma) rimarranno casi isolati e slegati tra loro, sarò contento di aver lanciato un inutile allarme. Se al contrario ci sarà un seguito o ancor peggio un'escalation, la domanda di Sid dovrà trovare una risposta esaustiva da parte di chi, non lasciandosi trascinare in logiche da guerra civile, ha nel frattempo mantenute alte attenzione e capacità critica. E non è detto che ci riesca: negli anni Settanta erano pochissimi - all'infuori dello Stato Maggiore della Difesa - a capire cosa stava accadendo, e di questi praticamente nessuno ebbe la possibilità di diffondere adeguatamente le proprie conoscenze (e intuizioni). Impossibilitati a capire e traviati dai Sofri e dai La Russa di turno, i giovani preferirono massacrarsi tra coetanei, suddivisi in due schieramenti, convinti di fare la rivoluzione anziché gli interessi di Nato, Dc, Confindustria. E' questo che non vorrei si ripetesse.

2 commenti:

  1. Caro Kopp,
    grazie per l'esauriente risposta alla mia misera domanda. Sono sostanzialmente daccordo con te quando fai risalire le derive stragiste della destra a fonti politico-istituzionali "regolari", facendo quindi dell'intero movimento (o di buona parte di esso) un braccio armato dello Stato. La cosa risulterebbe preoccupante anche a chi avesse il buon senso di un muretto a secco (licenza poetica).
    Allo stato attuale dei fatti, però, bisognerebbe capire che cosa è diventato lo "Stato", ed è questo che mi preoccupa ancora di più a maggior ragione in un momento quale quello attuale, in cui al governo è una accolita di tecnici imposti non si sa bene da chi e per cosa...insomma se i mandanti di stragi più o meno lontane nel tempo potevano essere rintracciati dentro ministeri e caserme, adesso dove andarli a cercare? Sarebbe da presumere una certa continuità di personaggi e "metodi" anche all'interno del corpo istituzionale, tanto duttile da poter attraversare cambiamenti:
    1)sociali (l'Italia degli anni di piombo era, nonostante tutto, un Paese molto più florido di quello attuale, in cui il malessere sociale nasceva dalla richiesta di redistribuzione di una ricchezza "faraonica" rispetto alle briciole per cui litigheremo noi a breve); 2)politici (cortina di ferro, guerra fredda e relative strategie economico-politico-militari dei due blocchi contrapposti: all'interno di quel quadro la strategia della tensione trovava una "legittimità" che oggi non può essere recuperata).
    E quindi vengo alla domanda: se alla dimostrata continuità ai vertici dei movimenti di destra non corrisponde una continuità ai vertici di quelli politici (almeno questa è la mia impressione, probabilmente sbagliata) DI CHI DOBBIAMO AVER PAURA, visto che cambiano gli interpreti ma non la musica?

    A presto

    p.s. sappi che le mie domande non sono polemiche, ma solo le considerazioni che avrei fatto ad 8 anni davanti allo scheletro di un Tirannosauro: insomma non metto in dubbio niente, sono solo molto incuriosito da un argomento di cui so troppo poco, ahimè.

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  2. Caro Sid,
    hai perfettamente colto il nocciolo della questione. Capire le dinamiche dei nostri giorni è un'impresa proibitiva per chiunque non sia realmente addentro alle "segrete cose". Oggi rileggere gli anni Settanta, nonostante l'impegno mistificatorio dei vari pennivendoli che riempiono i nostri quotidiani, risulta tutto sommato abbastanza semplice. Questo perchè di fonti concrete ne abbiamo ormai a sufficienza, e perchè il contesto internazionale, a distanza di qualche decennio, ci sembra alquanto statico, specie se rapportato a quello di oggi.
    In un quadro che ha subito un cambiamento così drastico, la continuità all'interno della destra radicale rappresenta certamente un'eccezione. Quanto a noi, non possiamo far altro, una volta assodata la natura di manovalanza della nostra destra, che tenere gli occhi aperti per cercare di capire chi ci sia dietro oggi. Probabilmente non ci riusciremo, ma se qualcuno (qualunque sia la sua natura) ci vuole fregare nuovamente con lo stesso squallido trucco di un tempo, facciamo almeno in modo che stavolta si inventi qualcosa di diverso.
    Un grande saluto e a presto

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