In queste ultime ore sto
lottando contro il tempo, perché i fatti si rincorrono con una
velocità alla quale è difficile stare dietro. Nell'ultimo post mi
sono riallacciato alle analisi pubblicate in precedenza. Adesso
vorrei aggiornarmi agli ultimi avvenimenti.
La protesta in Val di
Susa, alla quale avevo solo fatto qualche brevissimo riferimento, si
è dimostrata particolarmente vitale e non sono mancate fiammate di
violenza. I mass media tuttavia hanno fatto quadrato con
impressionante disciplina, condannando in massa il movimento,
presentato come un'accolita di zoticoni, sbandati, drogati,
incubatori di terroristi. Il governo si è dimostrato irremovibile e
determinato nel non dare loro ascolto alcuno, e la magistratura (per
mano di quel Castelli che deve tutta la sua carriera ad aver rincorso
le BR per vent'anni senza prenderle) ha inferto pene severissime e
carceri preventivi.
Politici e pennivendoli
hanno costantemente ripetuto: “la situazione in Val Susa è
preoccupante. Ci sono derive violente che possono portare ad una
nuova stagione di terrorismo”. Un giovane che ha dato della
pecorella ad un carabiniere è stato presentato come la prova che
nuovi Curcio e Senzani crescono. Tra i manifestanti si sono
individuati subito quanti avevano un passato nella sinistra
extraparlamentare per dimostrare che il mentore di Perino e compagnia
è Cesare Battisti e via dicendo.
Finché, puntuale, è
arrivato il gesto di matrice terroristica, la gambizzazione di
Adinolfi. Sorprendente a dir poco l'immediato accostamento tra
l'episodio e la protesta contro il Tav in Val Susa. Sorprendente
perché è stato fatto non da Vespa o dalla Annunziata, sulla base di
elementi resi noti dagli inquirenti ed emersi sulla stampa. No, è
stato fatto dalla ministra Cancellieri, a poche ore dall'episodio,
con le indagini in corso, quando ancora l'attendibilità della
rivendicazione era al vaglio. Un accostamento particolarmente
vigliacco, perché affermare che “la Tav è la madre di tutte le
preoccupazioni”, per poi dire “non l'ho detto, anzi, si, ma non
volevo dire quello” è quanto di più infame un ministro possa
fare. Perché vuol dire indirizzare le indagini dando loro un senso
politico ben preciso, vuol dire condizionarle, senza però assumersi
la responsabilità morale e politica di quanto affermato.
L'attentato è stato
rivendicato dalla FAI, la Federazione Anarchica Informale, gruppo
terroristico noto da anni. Vediamo di che si tratta.
FAI (come molti sanno) è
l'acronimo di Federazione Anarchica Italiana, nata nel 1945. Si
tratta di un'associazione assolutamente legale, con sedi in molte
città italiane, dotata di uno statuto, un sito
(http://www.federazioneanarchica.org/index.html),
un giornale. Sono i soliti, vecchi, patetici anarchici: blaterano di
libertà, diritti, antimilitarismo, antiautoritarismo. Partecipano
alle proteste contro le guerre, i G8, i centri di detenzione per gli
immigrati, l'arresto dei compagni ecc. Tra le altre cose, hanno
ovviamente aderito alle manifestazioni contro il Tav.
Da una decina d'anni
hanno però un problema. Qualche strano elemento (chiamiamolo così..)
ha pensato di mandare qualche bombetta per posta e rivendicare il
gesto con lo stesso acronimo, cambiando solo il significato della
ultima lettera, la I, da “Italiana” ad “Informale”. Vaglielo
tu a spiegare a tutti i questurini d'Italia, che ti schedano da
sessant'anni, che tu non c'entri niente con questi fatti, perché tu
sei la FAI, mentre i responsabili sono quelli della FAI, e che tu
queste cose non le fai. I questurini non ti crederebbero; puoi
contare solo sull'onestà e la professionalità dei giornalisti
italiani che certamente si premureranno di fare i dovuti distinguo
quando si parla di qualche FAI.
In base alle notizie che
si riescono a raccogliere sulla rete, questi anarchici informali,
teorici di una nuova forma di anarco-insurrezionalismo, sono una
semplice sigla sotto la quale si può rivendicare qualsiasi azione,
individuale o collettiva, che abbia una portata “rivoluzionaria”.
Ecco che quindi ogni comunicato presenta il nome di una sorta di
brigata, aderente alla pratica della federazione. Per farci un'idea,
ricordano un po' le BR degli anni ottanta, che erano suddivise in
miriadi di colonne (Walter Alasia, PCC,....); il paragone più
calzante è tuttavia quello con i NAR, che non avevano un capo né un
programma, ma erano un semplice acronimo, una sorta di fonte di
ispirazione per l'azione di ogni fascistone spontaneista. Come questi
ultimi – e a differenza delle BR – la FAI non ha mai avuto, né
voluto avere, una gerarchia, un programma strategico, o una direzione
politica.
Con la gambizzazione di
Adinolfi, la sigla è balzata di nuovo, e con inedita prepotenza alle
cronache. Come sempre, uno sforzo di comprensione pretende adeguate
storicizzazione e contestualizzazione. Ecco perché ritengo che valga
la pena riassumere brevemente le tappe che hanno portato all'episodio
in questione. In questo senso, a venirci incontro è un comunicato
rilasciato dalla FAI stessa nel 2006, nella quale il “gruppo”
riassume l'attività svolta negli anni precedenti. Riassumiamo
brevemente la sequenza.
In una prima fase
(1999-2003) gli attentati vengono rivendicati dalla sigla
“Solidarietà Internazionale”, come risposta a qualcosa di
specifico:
- ottobre 1999: pacchi bomba all’Ambasciata e Camera di Commercio greca di Madrid, ad una filiale della City Bank di Barcellona, all’ufficio del Turismo Greco ed alla caserma dei carabinieri del quartiere Musocco a Milano. I volantini fanno riferimento all'arresto dell’anarchico greco Maziotis;
- aprile 2000: pacco bomba contro un giornalista del Razon di Madrid in solidarietà ai detenuti sotto regime carcerario F.I.E.S (una sorta di 41 bis);
- giugno 2000: bomba incendiaria contro la chiesa di Sant'Ambrogio a Milano e due bombe al tribunale di Valcia in Spagna (stessa motivazione);
- dicembre 2000: dinamite sul Duomo di Milano (stessa motivazione)
- luglio 2001: campagna contro l'imminente G8 di Genova: pacchi bomba e incendiari diretti alla caserma dei carabinieri e alla prefettura di Genova (1 ferito), alla redazione del Tg4, alla Benetton di Ponzano Veneto. A Bologna un ordigno costruito con una pentola a pressione viene trovato nei pressi della questura.
- Febbraio 2002: motorino con ordigno lasciato presso il ministero degli interni di Roma, (motivazione: tributo a Carlo Giuliani e ad un ragazzo rom ucciso pochi mesi prima ad un posto di blocco);
- dicembre 2002: due bombe esplodono nei pressi della questura di Genova (stessa motivazione); pacchi bomba vengono inviati alle redazioni dell'Iberia, de El Pais, della Rai, del Tg5 (motivo: il Fies);
- giugno 2003: bomba contro l'istituto Cervantes di Roma (motivo: il Fies)
- ottobre 2003: bomba contro la sede Iberia a Roma (stessa motivazione)
La Federazione Anarchica
Informale nasce tra l'ottobre e il dicembre 2003. Fino ad allora, gli
attentati erano stati rivendicati da sigle diverse, che facevano
riferimento alla “Solidarietà internazionale”. Da questa data, i
nomi delle singole cellule non scompaiono; gli stessi gruppuscoli si
aggregano però attorno al nuovo acronimo della FAI, che a sua volta
diventa il polo di aggregazione di quanti, in Italia, si riconoscono
nella lotta portata avanti dalla Solidarietà Internazionale.
Riprendiamo con la cronologia della Seconda fase (2003-2006):
- dicembre 2003: pacchi bomba contro varie istituzioni europee: Banca Centrale Europea, Europol, Eurojust, ufficio al capogruppo del Partito Popolare Europeo, ufficio di un membro del Partito Socialista Europeo. Lo stesso presidente della commissione Europea Romano Prodi riceve a casa due plichi, uno esplosivo, l'altro incendiario. La campagna, denominata “Santa Claus”, sancisce l'atto di nascita della FAI.
- Marzo 2004: due bombe contro il commissariato Sturla di Genova
- Aprile 2004: due pacchi bomba spediti ai dirigenti del DAP
- Novembre 2004: bomba contro una sede Manpower di Milano
- Dicembre 2004: pacchi bomba alla sede del SAPPE e all’Associazione Nazionale Carabinieri di Roma
- Marzo 2005: attacchi esplosivi alle caserme dei Carabinieri di Pra e Voltri a Genova e presso la caserma di via Monti a Milano (motivo: la morte del giovane Marcello Lonzi nel carcere di Livorno); bomba contro il tribunale di Ostia a Roma;
- maggio 2005. campagna di solidarietà ai migranti: bombe al CPT di Modena, al questore di Lecce, ai vigili urbani di Torino;
- ottobre 2005: due bombe contro la sede dei RIS di Parma e pacco bomba al sindaco di Bologna Cofferati;
- giugno 2006: due bombe contro la scuola allievi carabinieri di Fossano;
- luglio 2006: pacchi bomba a Beppe Fossati (direttore di Torino Cronaca), alla ditta Coema (che lavora all'ampliamento del CPT di Torino) e a Chiamparino, sindaco del capoluogo piemontese;
Le imprese elencate dal
comunicato del 2006 si fermano qui. Nel testo, gli anarchici
informali si vantano di aver ottenuto con questi atti grande risalto
mediatico e di non aver subito arresti, ma riconoscono che le masse
non si sono ancora entusiasticamente unite a loro.
Ricostruire l'operato
della federazione dal 2006 ad oggi è un po' più difficile, poiché
bisogna ricostruire i fatti cercando con pazienza sui siti dei vari
quotidiani, con il rischio di lasciarsi scappare qualcosa. Ecco
quanto sono riuscito a recuperare:
- ottobre 2009: ordigni esplosivi vengono lanciati contro la camera di commercio italo-greca a Salonicco. Rivendica il “consiglio per la distruzione dell'ordine”, in risposta all'arresto in Grecia dell'anarchico italiano Alfredo Bonanno.
- dicembre 2009: attentati alla Bocconi di Milano e al CPT di Gradisca d'Isonzo (GO), rivendicati dal gruppo “Sorelle in Armi - gruppo Mauricio Morales”. Morales è il nome di un anarchico cileno morto a Santiago nel marzo dello stesso anno.
- dicembre 2010: vengono inviate bombe alle ambasciate di Cile e Svizzera a Roma. I due addetti che aprono i pacchi vengono feriti gravemente. Un plico inviato all'ambasciata greca non esplode per l'accortezza dell'addetto. La cellula che rivendica gli attentati si firma come “Lambros Fountas”, giovane anarchico ucciso ad Atene nel marzo precedente.
- Marzo 2011: la FAI spedisce pacchi-bomba agli uffici della Swissnuclear ad Olten (Svizzera), sezione nucleare della Swisselectric, ferendo due impiegate. Un pacco bomba indirizzato alla caserma Ruspoli, sede della Folgore a Livorno, ferisce gravemente il tenente colonnello Albamonte. Un terzo viene inviato al direttore del carcere di Koridallos in Grecia, ma viene disinnescato.
- dicembre 2011: inviano plichi esplosivi al direttore di Equitalia Marco Cuccagna a Roma e al presidente della Deutsche Bank di Francoforte, Josef Ackermann. Quest'ultimo pacco viene intercettato; una terza busta esplosiva, cui la rivendicazione fa riferimento, non verrà mai scoperta.
- Marzo 2012: esplode un ordigno davanti ad una filiale romana di Monte dei Paschi di Siena. Il gesto, che non provoca feriti, viene rivendicato dal Nucleo Antisociale, aderente alla FAI/FRI.
- 7 maggio 2012: il salto di qualità, l'agguato ad Adinolfi. Dai pacchi-bomba si passa alle pistole
Ma facciamo per un attimo
un passo indietro. L'azione di marzo 2011 è stata rivendicata da un
comunicato intitolato “non dite che siamo in pochi”, firmato da
due sigle già note, la Cooperativa
artigiana fuoco ed affini (occasionalmente spettacolare) e la Brigata
20 luglio. In mezzo alle solite elucubrazioni, spuntano due
aspetti alquanto significativi. Da un lato viene accettata l'ipotesi
dell'omicidio politico. Cito: «[...]l’azione diretta distruttiva è
l’elemento indispensabile e imprescindibile. Azione che può andare
dal lancio di una molotov all’assassinio, senza alcuna gerarchia
d’importanza,ogni gruppo o individuo deciderà come meglio
vorrà[...]». Dall'altro lato, la FAI cita il gruppo greco
“Cospirazione Cellule del Fuoco” come musa ispiratrice (viene
definito “motore di questa esplosione di vitalità
rivoluzionaria”), e fa continuo riferimento ad una nuova sigla,
Fronte Rivoluzionario Internazionale, che da questo momento sembra
sostituire la vecchia Solidarietà Internazionale. Gli autori del
testo citano quindi tutte le cellule che, paese per paese, vanno
considerate affiliate alla FAI/FRI: si parla di gruppi italiani,
greci, peruviani, inglesi, olandesi, russi, messicani, indonesiani.
Non viene chiarito il
rapporto tra Solidarietà Internazionale e FRI, ma a questo punto
sembra questione di lana caprina: la FAI rimane una federazione
disordinata di infinite sigle, la sezione italiana di
un'internazionale dell'anarco-nichilismo. Senza sapere né leggere né
scrivere, in questo blog avevo ipotizzato l'esistenza di
un'internazionale dei disordini. Adesso ho la certezza che una simile
entità esiste.
Altra novità
significativa di quel comunicato, è la presentazione del nuovo
simbolo, per descrivere il quale non trovo metodo migliore che citare
l'originale: “Noi della FAI-italiana proponiamo come bandiera di
questa lotta il simbolo delle “Cospirazione delle cellule di
fuoco”, le 5 frecce di diversa lunghezza e da diverse direzioni che
colpiscono unite il potere. Ad indicare la miriade di gruppi e
singoli del Fronte Rivoluzionario Internazionale /FAI che con varia
intensità ma uniti da un patto di mutuo appoggio colpiscono senza
respiro. Le frecce sono sormontate da una stella nera con una A
all’interno, simbolo del nostro anarchismo, sopra la stella il nome
del gruppo del Fronte Rivoluzionario Internazionale che rivendica
l’azione.” Stiamo parlando dello stesso simbolo comparso nel
comunicato rilasciato dal gruppo Olga, responsabile della
gambizzazione di Adinolfi.
Adesso che abbiamo ben
chiara la sequenza delle attività della FAI, possiamo procedere ad
alcune considerazioni. La prima riguarda il gran numero di “brigate”
che nel rivendicare le proprie azioni hanno espresso l'affiliazione
alla federazione. Si tratta di oltre dieci gruppi (l'elenco completo
lo trovate nei documenti presenti nei link alla fine di questo post),
solo alcuni dei quali hanno colpito più di una volta. Per la maggior
parte si tratta di sigle-meteora, che compaiono in relazione ad un
attentato, dopodiché non si fanno più sentire.
Questo vuol dire tutto e
niente. Viene normale crearsi l'immagine di un gran fermento e
proliferazione di deficienti che si svegliano la mattina con
l'obiettivo di far saltare un dito a un brigadiere o ad una
segretaria. La storia però ci insegna che, nel terrorismo rosso come
in quello nero, un numero estremamente risicato di persone può dare
vita ad un'enorme quantità di acronimi. Di fatto, sappiamo che non
c'era gruppo terroristico di sinistra che non fosse in qualche modo
legato alle BR o a prima Linea, così come non c'era gruppo
terroristico di destra svincolato da ordine Nuovo e Avanguardia
Nazionale (prima, da Terza Posizione e NAR poi). “Marciare divisi
per colpire uniti”, è il motto ricorrente in questo tipo di
ambienti. Quindi, per cortesia, non facciamo l'errore di scambiare un
fumogeno per un banco di nebbia. Per quanto si affannino, i proclami
della FAI non riescono a dimostrare l'assenza di una regia unica
dietro all'organizzazione.
D'altra parte, qualora
non esista veramente un vertice organizzativo, saremmo di fronte ad
un caso senza precedenti. Cioè per la prima volta nella storia una
struttura metafisica in grado di autoregolarsi sarebbe in grado di
darsi una forma, una struttura militare e, in ultimo, una capacità
di azione politica. Mi spiego: se la FAI non ha un organismo
centrale, né una guida, né un progetto, né una strategia, chi è
che ha l'autorità per rivendicare un'azione a nome della FAI, o di
dissociarsene? Mettiamo che io domani mattina mi alzo e uccido dieci
persone che camminano per strada, quindi rivendico l'atto a nome
“brigata Kopp/Fai/Fri”, cosa succederebbe? Uscirebbero documenti
miranti a scomunicare la mia azione oppure nessun altro membro della
FAi si sentirebbe investito di cotanto imperio? Ecco che sotto questo
nome può essere rivendicato anche un attentato nucleare contro un
CPT: i membri della federazione potrebbero solo prenderne atto,
risultando complici del crimine, oppure alzare la voce e prenderne le
distanze, negando così il carattere spontaneista ed antigerarchico
del “movimento”. Che cadrebbe in immediata ed irreversibile
contraddizione.
La FAI appare un po' come
una sorta black bloc che attua la “continuazione della
manifestazione di piazza con altri mezzi”. I due fenomeni sono
accomunati da un'assoluta mancanza di tutto, dai portavoce alla
logica. Consiglio di leggere il libro “Io sono un black bloc”,
pubblicato dalla casa editrice Derive-Approdi nel 2001. Si tratta di
una raccolta di testimonianze anonime, raccolte tra quanti
devastarono Genova durante i giorni del G8. E' una lettura
illuminate, perché permette di capire perfettamente il paradosso
alla base di tutto questo delirio. L'unica regola per il black bloc è
che non ci sono regole né ideologie, solo il desiderio di
distruggere i simboli del capitale nel nome della difesa
dell'umanità. Per questo c'è chi dice che solo le reali
manifestazioni del capitalismo vanno colpite, ma non i poliziotti,
che in fondo sono egli essere umani. Poche pagine dopo c'è chi dice
il contrario. Chi ha torto e chi ragione? O meglio: chi ha l'autorità
di dire “io sono un b.b. e tu no”, quello che sfascia un
MacDonald's, quello che incendia una vespa o quello che lancia una
pietra contro un cordone di polizia? Il problema è di poco conto
finchè si parla di scontri di piazza. Ma quando ci sono volantini di
rivendicazione, firme e simboli la cosa cambia radicalmente.
Altro aspetto sigolare, è
la capacità che hanno i b.b. trovarsi preparati e ad agire con
grande coordinamento, velocità ed efficacia durante gli scontri di
piazza; agiscono come se fossero un esercito senza neanche conoscersi
di persona. Questi della FAI fanno la stessa cosa, solo ad un livello
di fuoco superiore. Confezionano bombe, fanno in modo che esplodano
in contemporanea, si procurano pistole e sparano nelle gambe, ma non
si sono mai visti tra loro, non si organizzano, non hanno struttura.
Divertente, molto divertente.
Le analogie tra b.b.
italiani e greci erano già state evidenziate su queste pagine. Ma
non sono solo i nero vestiti e gli informali ad accomunare Roma e
Atene, alle quali aggiungiamo pure Madrid. Italia, Grecia e Spagna
hanno governi altamente instabili e contestati. Sono, chi più chi
meno, la più grande fonte di preoccupazione per la stabilità
dell'Europa e delle sua moneta. Parafrasando la Cancellieri, mi viene
da dire che noi, assieme a greci e spagnoli, siamo la Tav d'Europa.
I tre paesi hanno molte
cose in comune anche riguardo al recente passato. Mi riferisco agli
anni '60-'70. Vi ricordate lo slogan “Madrid-Lisbona-Atene, adesso
Roma viene”, cantato dai nostri ordinovisti e avanguardisti? Era il
tributo dei fascistelli nostrani ai regimi dei colonnelli, di Salazar
e Franco, visti come muse ispiratrici per un golpe tricolore. Al di
là delle romaticherie, sappiamo che la Grecia era una vera e propria
palestra per le tecniche di infiltrazione per i nostri neofascisti:
abbiamo già citato la vacanza-studio finanziata dal governo greco ai
neofascisti italiani, cui presero parte, tra gli altri, i vari Rauti
e Merlino nel 1967. Non esiste ricostruzione storica degna di tal
nome che non prenda in considerazione il ruolo di Atene nelle più
oscure vicende dei nostri anni di piombo, P.za Fontana in primis.
Se in Grecia si imparava
la teoria, in Italia si faceva la pratica. In Spagna ci si andava
dopo aver combinato la marachella, per scappare dal castigo e dalle
sculacciate....scusate il tono sarcastico. La Spagna era la terra
della latitanza: Delle Chiaie, Pozzan, Cicuttini, Vinciguerra, solo
per citarne alcuni. Era lì che i ricercati, gli evasi, “gli
esfiltrati” venivano dirottati per sottrarsi all'arresto, almeno
fino al 1974 (quando la struttura sarà spostata nel Cile di
Pinochet).
In sede storica il canale
Atene-Roma-Madrid (+Lisbona -sede di Aginter Presse- e Santiago) è
ormai un dato acclarato. La sentenza Salvini, le testimonianze di
Vinciguerra, testi come “il condor nero” di Mayorga o la raccolta
“I lunghi artigli del condor” hanno messo bene in luce
l'esistenza di questo network internazionale di preparazione e
sostegno ai terroristi di varie nazioni.
Stiamo parlando di
terroristi nero-fascisti, certo, non nero-anarchici. E facciamo
riferimento a fatti di quarant'anni fa. Oggi è tutti diverso, non
vanno avanzati paragoni fuorvianti e non dobbiamo cadere in
parallelismi semplicistici. Dobbiamo però far notare che tra gli
apparati (spionistico-poliziesco-militari) di questi paesi esiste una
storia di collaborazione molto significativa. Perché, comunque la si
voglia vedere, è di terrorismo internazionale che stiamo parlando,
oggi come allora. E come allora si parla di misure speciali contro il
terrorismo, di leggi d'emergenza, di aumento della presenza dei
militari per le strade. Non avevo ancora finito di scrivere questo
post che stamattina è arrivata la bomba di Brindisi, ad aumentare le
mie inquietudini.
Insomma: il risveglio
dell'estrema destra, anarchici, plichi bomba, gambizzazioni, asse
Roma-Atene-Madrid, leggi speciali, ora anche le bombole coi
timer...la puzza di bruciato si fa sempre più intensa....
Links:
Federazione anarchica
italiana
http://www.federazioneanarchica.org/index.html
comunicato del 2006:
comunicati 2007-2012
(quelli che sono riuscito a reperire):
dicembre 2009
marzo 2011
dicembre 2011, bomba alla
Deutsche Bank
maggio 2012, agguato ad
Adinolfi
http://www.informa-azione.info/attacco_adinolfi_rivendicazione_nucleo_olga_faifri_al_corriere_della_sera
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